Nel 33° anniversario della strage di Capaci, dove persero la vita il giudice Falcone, la moglie e i tre agenti di scorta.

Arturo Di Sabato

Oggi 23 maggio si celebra la Giornata della legalità nel 33° anniversario della strage di Capaci, dove persero la vita il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Laura Morvillo (Giudice minorile) e i tre agenti di scorta: Antonio Montinaro (capo scorta), Rocco Di Cillo e Vito Schifani, tutti pugliesi. Gli altri agenti rimasero feriti.

Con loro in questa giornata, ricordiamo anche il giudice Paolo Borsellino, amico e collega di Falcone e i suoi agenti di scorta: Agostino Catalano (caposcorta), Claudio Traina, Walter Eddie Cosina, Vincenzo Li Muli ed Emanuela Loi la prima poliziotta uccisa dalla mafia.

Falcone e Borsellino, si conoscevano sin da piccoli quando giocavano al quartiere della Kalsa di Palermo, così come molti mafiosi, tra i quali Tommaso Buscetta, detto Masino.

Nel 1958 si era iscritto alla Facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli studi di Palermo, dove si laureò nel 1961 con 110 e lode con una tesi sull’Istruzione probatoria in diritto amministrativo. Nel 1964, vinse il concorso ed entrò in magistratura. Nello stesso anno sposò Rita Bonnici e dopo i primi incarichi a Lentini, Trapani e Marsala, tornò a Palermo nel 1978, ricevendo i primi incarichi istruttori, ma finì anche il matrimonio con Rita.

Dopo un anno, conobbe Francesca Morvillo, anch’essa giudice presso il Tribunale dei Minori, che sposo civilmente nel 1986.

Il Giudice Rocco Chinnici – ucciso anche egli dalla Mafia – creò il pool antimafia e Falcone ritrovò il vecchio amico Paolo Borsellino: Paoluzzo.

Il pool ebbe successo grazie ai primi arresti e anche alle dichiarazioni di Masino Buscetta che portarono all’arresto di 366 persone (la notte si San Michele).

Ma dopo gli omicidi del commissario Montana e del vice questore Cassarà, per motivi di sicurezza i due giudici e le loro famiglie furono trasferiti sull’isola dell’Asinara.

Falcone tentò di entrare nel CSM (Consiglio Superiore della Magistratura) ma non riuscì ad ottenere la maggioranza richiesta. Il 21 giugno del 1989, divenne obiettivo di un attentato presso la villa al mare, ma l’attentato fallì a causa del detonatore difettoso.

Come direttore degli Affari penali al Ministero della Giustizia, Falcone sostenuto dal Ministro Martelli si fece promotore dell’istituzione della Procura Nazionale Antimafia (“Superprocura”), che avrebbe consentito di realizzare un potere di contrasto alle organizzazioni mafiose. Falcone fu eletto superprocuratore: chiamò subito Borsellino, per comunicare la bella notizia e che sarebbe tornato dopo qualche giorno.

Borsellino felicissimo, stava organizzando la festa e soprattutto volle far trovare il pesce al suo amico, il suo piatto preferito. Ma qualcosa andò storto.

Il 23 maggio del 1992, Falcone e sua moglie partirono dall’aeroporto con il Jet dei servizi segreti che dopo 53 minuti atterrò sulla pista di Punta Raisi (ora Falcone-Borsellino). Ad attenderlo le tre fiat Crome della scorta controllate dal boss Rafaele Ganci.

Appena sceso dall’aereo, il corteo delle auto iniziò a muoversi: la croma marrone, (la Quarto Savona Quindici) che fu investita in pieno dalla deflagrazione, con il caposcorta Antonio Montinaro, Rocco Di Cillo e Vito Schifani. In mezzo la croma bianca con il giudice che si mise alla guida come da abitudine e accanto a lui la moglie. Invece, dietro, l’autista giudiziario Giuseppe Costanza. Chiudeva il corteo la croma Blu con Paolo Capuzza, Gaspare Cervello e Angelo Corbo che rimasero feriti.

Seguiva le macchine il boss Gioacchino La Barbera che era in contatto con Brusca e gli altri posizionati sulle colline.

Alle ore 17:58, Brusca azionò il telecomando che provocò l’esplosione di 500 kg di tritolo sistemati all’interno di fustini collocati su skateboard in un cunicolo di drenaggio sotto l’autostrada.

Circa venti minuti dopo, Falcone venne trasportato sotto stretta scorta dei Carabinieri presso l’ospedale civico di Palermo così come gli altri agenti e i civili coinvolti. I Vigili del Fuoco dovettero rimuovere i cadaveri irriconoscibili degli agenti della prima macchina. Falcone, a causa del grave trauma cranico e delle lesioni interne, morì alle 19:05, fra le braccia di Borsellino. La moglie morì dopo le 22.00 durante un’operazione chirurgica.

L’ Arcivescovo di Palermo il Cardinale Salvatore Pappalardo nell’omelia dei Funerali delle vittime, con voce forte, cerco di “muovere” la gente contro la mafia:«Ma è certamente motivo, e lo sappiamo, di particolare sgomento l’avere appreso che il giudice Falcone si muoveva in via e con mezzi che dovevano rimanere coperti dal più sicuro riserbo. Chi li conosceva? Chi li ha rivelati ai nemici dei giudici? Mandante ed esecutori». Aveva proprio ragione!

Il 3 giugno 2015 le spoglie mortali del giudice sono state traslate dal cimitero di Sant’Orsola di Palermo nella chiesa di San Domenico.

Oggi pomeriggio, alle 17,58, ora della strage, presso il Giardino della memoria, sotto la stele di Capaci, l’associazione “Quarto Savona 15” fondata da Tina Montinaro (moglie di Antonio), ha organizzato, una commemorazione. Vi sarà un minuto di raccoglimento che precederà l’esecuzione del Silenzio da parte di un trombettiere della Polizia di Stato, in ricordo del sacrificio di tutte le vittime della Strage.

Anche in Via Notarbartolo all’Albero Falcone, alle 17.58 saranno letti i nomi delle vittime e sarà osservato un minuto di silenzio.

Non mancherà una celebrazione religiosa in suffragio delle anime di questi martiri (non eroi) che hanno dato la vita per la legalità e per quello stato che non li ha aiutati.

La mafia si può vincere, perché esiste ancora. Fabrizio Moro nella sua canzone “Pensa” è molto chiaro:” Ci sono stati uomini che hanno denunciato Il più corrotto dei sistemi troppo spesso ignorato”. E poi: “Pensa. Prima di sparare. Pensa!”.

Queste vittime hanno sacrificato se stessi, i loro affetti, ma per un senso vero di giustizia e legalità.